L’infezione da SARS-COV-2, partita dalla Cina nei primi mesi del 2020, è ormai una pandemia, ma la consapevolezza della gravità della situazione è cresciuta lentamente in Italia, in Europa e nel mondo.
Fin dall’inizio si è cercato di capire che cosa questo tipo di infezione potesse determinare nella donna in gravidanza, nel feto, nel neonato e nel bambino.
La Società Italiana di Neonatologia (SIN) e la Società Italiana di Pediatria (SIP), per venire incontro ai numerosi interrogativi, che nella pratica clinica ci si è trovati ad affrontare hanno pubblicato, fin dall’inizio e durante tutto il periodo, note informative su come gestire la mamma positiva per COVID-19 e il neonato, evidenziando diversi scenari in base soprattutto alle condizioni cliniche della mamma e del piccolo (Fig.1 ).
Chiaramente l’esperienza maturata dalle strutture ospedaliere delle regioni del Nord d’Italia, più colpite dalla diffusione dell’infezione, è stata fondamentale per la stesura di queste informazioni.
Per fortuna il virus sembra colpire la popolazione neonatale-pediatrica meno frequentemente e in modo meno grave e i casi neonatali riportati in Italia sono stati poche decine.
La SIN in accordo con l’OMS ha raccomandato la somministrazione del latte materno o direttamente o tirato, senza necessità di pastorizzazione.
Infatti, i vantaggi dell’assunzione del latte materno fresco superano di gran lunga il possibile rischio di infezione dal momento che non è stato, in modo certo, dimostrato il passaggio del virus nel latte.
Per garantire l’inizio dell’allattamento al seno e salvaguardare fin dalle prime ore di vita il rapporto tra madre e bambino è stato proposto, in caso di mamme asintomatiche o paucisintomatiche, di mantenere il piccolo vicino alla mamma, promuovendo il corretto uso dei dispositivi di protezione individuale (DPI), sia per le mamme, sia per gli operatori che hanno il compito di accompagnare e supportare il periodo postnatale.
Queste indicazioni, anche se recepite e condivise, sono state applicate nelle diverse realtà operative regionali, tenendo conto della logistica delle diverse strutture ospedaliere e della disponibilità di personale sanitario.
Nell’ambito della regione Lazio sono state individuate delle Hub di riferimento, sia per la paziente in gravidanza con infezione da SARS-Cov-2 e il suo bambino (Policlinico A. Gemelli e Policlinico Umberto I), sia per i pazienti pediatrici (ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Palidoro e Roma).
Comunque, ogni Dipartimento Materno-Infantile ha dovuto nel proprio ambito, creare un percorso dedicato per la paziente sospetta o accertata positiva per l’infezione inattesa del trasferimento, non sempre attuabile prima dell’espletamento del parto.
È stato quindi necessario, anche nei nostri reparti, individuare spazi dove gestire la partoriente e poi anche il suo bambino.
Nella nostra realtà siamo riusciti a creare un percorso dedicato e separato dove assistere le mamme in attesa del trasferimento in una delle due Hub. Non siamo riusciti invece, per difficoltà logistiche e di personale, ad avere stanze dedicate dove tenere le mamme positive vicine alloro bambino dopo il parto.
Nel caso di neonati sani è stato individuato uno spazio separato nell’ambito del Nido, mentre per i neonati che richiedono assistenza, viene utilizzato l’isolamento presente nell’area patologica. Infatti, non è sempre possibile trasferire le mamme prima del parto e a volte la positività emerge dopo il parto e il soggiorno nei reparti. In questi casi, per fortuna, fino ad ora è stato sempre possibile contenere la diffusione e isolare le mamme positive con i loro piccoli.
Abbiamo dimesso una paziente asintomatica con il proprio bambino affidandola al territorio e trasferito circa 3-4 donne completamente asintomatiche con il loro piccolo. Un solo piccolo è nato a 29 settimane, ha richiesto rianimazione in sala parto e ricovero in isolamento in TIN prima di essere trasferito. Tutti i tamponi eseguiti ai neonati, prima del trasferimento, sono risultati negativi.
Si è cercato di limitare gli accessi, utilizzando i tamponi antigenici come screening, garantendo solo la presenza dei padri in sala parto e il loro ingresso almeno una volta al giorno nei reparti fisiologici.
Al fine di proteggere bambini, genitori e personale anche l’accesso dei genitori nell’area Intensiva e patologica, visti gli spazi ridotti, è stato consentito con il monitoraggio dei tamponi e con una serie di indicazioni (Tab. 1 ) ma contenuto nella durata, privilegiando l’ingresso delle mamme per l’allattamento.
Nonostante alcune difficoltà (apertura dei reparti Covid, riduzione dei posti letto) anche quest’anno, il Dipartimento Materno-Infantile ha lavorato con buoni risultati sia in termini di parti (3643) e natalità (3673 nati vivi), stante sempre la riduzione a livello nazionale, che di occupazione dei posti letti nell’area patologica della Neonatologia (562).
Siamo, inoltre, riusciti a realizzare alcuni progetti (presenza in reparto della logopedista/disfagista per curare in modo particolare gli aspetti delle competenze orali dei nostri piccoli pazienti) e altri sono in via di realizzazione per il 2021, grazie al supporto dell’associazione dei genitori “Peso Piuma”. A livello nazionale i dati clinici relativi ai nati da donne con infezione da SARS-Cov-2, diagnosticata in qualsiasi momento della gravidanza e ai neonati che hanno contratto l’infezione nel periodo perinatale (I mese di vita), sono stati raccolti in un registro istituito all’inizio della pandemia.
Si è evidenziato che durante la pandemia, il tasso di parto pretermine è rimasto stabile (12.5%, dati trasmessi all’ISS dal 25 Febbraio al 30 Settembre 2020 e confermati anche in alcune delle regioni più colpite come Lombardia ed Emilia Romagna), mentre il tampone nasofaringeo durante il ricovero della nascita è risultato positivo nel 2.5% dei nati, anche se alcune lavori internazionali riportano anche valori del 5%. Questo dato conferma la possibilità del passaggio del virus a livello placentare con infezione neonatale che può essere congenita/intrauterina, intrapartum o postnatale e in base ai tamponi confermata, probabile o possibile. Ma studi sono tutt’ora in corso.
Quello che nel tempo è stato visto a livello nazionale è che non sono aumentati i casi di aborti e asfissia grave e che la gravidanza e il parto non sembrano aggravare il decorso clinico della mamma.
È stata inoltre riscontrata un aumento della nati-mortalità che forse potrebbe essere messa in relazione con meno controlli prenatali per paura del contagio.
Adesso finalmente con il 2021 sono arrivati i primi vaccini, che sembra possano essere somministrato anche durante la gravidanza e l’allattamento e con essi un po’ più disperanza ché si possa tornare, anche se molto gradualmente, a riaprire i nostri reparti e a permettere ai genitori di stare vicini ai loro piccoli.
Dott.ssa Cristina Haass
Inserto pubblicato dalla Rivista “VITA OSPEDALIERA”
MENSILE DEI FATEBENEFRATELLI DELLA PROVINCIA ROMANA ANNO LXXVI – N. 02 – Febbraio 2021-